Un iniziativa dell’AUCI ridà la vita e la speranza ai ragazzi romeni con disabilità
Esiste una iniziativa di assistenza sanitaria a favore di cittadini romeni assai interessante di cui oggi vogliamo parlare.
Il progetto si chiama “Ragazzi in gamba”(Baieti în picioare) ed è promosso dall’AUCI (Associazione Universitaria per la Cooperazione Internazionale), costituita nel 1978 all’interno della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica di Roma, dove opera in piena autonomia, con personale sanitario di varia provenienza e formazione e con finalità di carattere socio-sanitario.
L’AUCI è dunque una organizzazione non governativa e il progetto è operativo in Romania dove l’impatto della disabilità, in particolare quella fisica, è estremamente elevato. In Romania, secondo i dati ufficiali, al 31 dicembre 2013, vivevano circa 648.000 adulti e 70.000 bambini disabili, senza contare che questa statistica non include un numero abbastanza ampio di disabili che vivono e vengono curati in casa. Tenendo presente che circa il 20% di queste disabilità è un handicap fisico si capisce bene l’enorme impatto sociale del problema.
Ma qual è il campo d’azione del progetto “Ragazzi in gamba”
L’AUCI, avvalendosi della collaborazione di numerosi partner sia italiani che romeni, seleziona in Romania giovani di età compresa tra 20 e 40 anni, che abbiano subito un’amputazione di uno o più arti e che siano in condizioni socio-economiche particolarmente svantaggiate. Questi giovani vengono accompagnati in Italia e indirizzati in un percorso di cure, che ha come scopo il confezionamento di una (o più) protesi e la riabilitazione fisica del soggetto.
Una volta completato l’iter di rieducazione e riabilitazione con la protesi, i giovani beneficiari hanno buone possibilità di reinserimento nella vita lavorativa e sociale del proprio paese e riescono a sottrarsi a un destino di accattonaggio, spesso invece inevitabile nelle condizioni di persona amputata.
Il progetto si avvale di numerosi collaboratori locali, spesso ex-beneficiari del progetto stesso, che analizzano le singole realtà di cui vengono a conoscenza e diffondono le informazioni circa la possibilità di cura, anche grazie ad alcune strutture partner presenti in Romania (associazioni di vario genere).
Si procede quindi all’identificazione del soggetto amputato che può beneficiare del progetto e che fa richiesta di aiuto per la fornitura della protesi; ne vengono raccolti tutti i dati anagrafici e clinici e si procede alla valutazione, che prevede circa 3 mesi di accertamenti medico-psicologici.
Una volta ritenuto idoneo per la protesizzazione il soggetto viene trasferito in Italia, insieme a un accompagnatore, ed entrambi sono accompagnati alla Residenza Protetta del Policlinico Gemelli di Roma.
Il periodo di permanenza necessario alla protesizzazione e alla riabilitazione è di circa 20-30 giorni.
La realizzazione della protesi viene effettuata dai tecnici ortopedici del centro protesi dell’INAIL, i quali effettuano tutte le rilevazioni, gli studi e le prove necessarie e infine addestrano il soggetto all’utilizzo del “nuovo arto”.
Terminato questo periodo di duro lavoro, il soggetto rientra nel Paese di origine, dove viene seguito con un “follow up” inerente l’uso e lo stato della protesi, gli eventuali problemi e la manutenzione ordinaria. La risoluzione di eventuali problemi tecnici e la manutenzione ordinaria fanno riferimento all’Universtià di Medicina e Farmacia di Iasi.
La persona protesizzata viene anche aiutata, se necessario, al reinserimento nella vita lavorativa, utilizzando criteri di scelta che prevedano mansioni compatibili con lo stato di invalidità.
Insomma, davvero una iniziativa encomiabile che merita di essere sostenuta e di essere divulgata.
Roberto Mariotti e Silvia de Fazio